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Nell’accedere alla mostra ci troviamo a scansare classici articoli per bambini, palette e rastrelli da spiaggia, abbandonati in maniera scomposta sulla moquette grigia, in una sorta di sospensione metafisica accentuata dal loro bianco immacolato, quasi sedante, da minimalismo americano, che li rende esenti dal benché minimo palpito vitale e che mette a tacere la chiassosità del mondo esterno per chiederci di concentrarci sull’opera. A un primo avvicinamento a questo oggetto quotidiano sterilizzato, che si rivela essere non di scontata plastica ma di candido marmo di Carrara, segue subito una presa di distanza da parte dello spettatore di fronte al materiale nobile per eccellenza destinato all’opera d’arte. Con giocosa consapevolezza e distacco ironico di fronte alla processualità artistica, Luca Resta realizza sculture che sembrano evocare resti di un’antichità personale, cristallizzando uno dei primi approcci dell’uomo al fare creativo.

Destabilizzante oscillazione fra levita del gioco infantile e gravosità di quel futuro "Man at work" del titolo, che si rispecchia nella percezione straniante di quando si raccoglie uno di questi rastrelli.

M. Barbieri, "Luca Resta. Placentia Arte", in Flash Art n° 277, ago. – set. 2009, p. 121

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